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Perché sono celiaca e NON sono malata

Leggo il titolo di un articolo pubblicato su un blog che attira subito la mia attenzione: sono celiaca e sono malata! Rileggo, forse non ho letto bene: sono celiaca e SONO malata! Sì il titolo è proprio questo ed è chiaro come sia direttamente rivolto al titolo del mio libro “Sono celiaco, NON malato!”.

La prima cosa che mi sento di dire dopo aver letto l’articolo cui faccio riferimento è che mi spiace che non sia stato colto l’aspetto volutamente provocatorio del titolo del mio libro, pubblicato ormai qualche tempo fa ma che, con mio enorme piacere, è ancora oggetto di dibattito.
Non ho scritto infatti che la celiachia non è una malattia, andando contro alle evidenze scientifiche e per giunta parlo in prima persona, scrivendo infatti SONO celiaco, non malato.

“Sono celiaco, NON malato!” significa per me sono celiaco, non mi sento malato, significa che cerco di condurre, anche a tavola, una vita il più normale possibile, significa che esco e non mi chiudo in casa anche quando mi invitano a cena, significa che non aspetto che siano gli altri a pensare a me e a quello che posso o non posso mangiare ma che sono io a fare assaggiare il gluten free agli altri, significa che sono attenta ma mai pretenziosa, significa che se mi invitano ad un compleanno non è che non vado perché non posso mangiare niente ma porto io qualcosa che possiamo mangiare tutti, insieme.
Credo si sia un po’ dimenticato quanto il cibo abbia rilevanza sociale, quanto il mangiare non sia solo un bisogno fisiologico, quanto sia bello condividere con gli altri qualcosa di buono.
Io di questo non mi voglio privare e non lascio certo che lo faccia la celiachia al posto mio.

Abbiamo un cartoncino ASL che attesta che siamo affetti da morbo celiaco, certo, così come abbiamo un esenzione che ci permette di avere un contributo da usare per prodotti dietoterapeutici.
Ma la celiachia è ancora presente tre le malattie rare, secondo il Ministero della Salute, ed è per questo motivo che abbiamo delle esenzioni (qui si può vedere il regolamento che disciplina le modalità di esenzione dalla partecipazione al costo delle malattie rare) mentre sappiamo tutti che l’alta incidenza della celiachia non può farla certo rientrare di fatto nelle malattie rare.
Il Servizio Sanitario Nazionale, sin dal 1982, eroga gratuitamente gli alimenti dietetici privi di glutine alle persone affette da celiachia. I tetti di spesa, suddivisi per fasce di età e sesso, sono stati definiti per la prima volta dal Decreto ministeriale 8 giugno 2001 e successivamente confermati dal DecretoMinisteriale 4 maggio 2006.
Ecco perché abbiamo un buono, perché abbiamo una malattia rara secondo il Ministero della Salute, non so se mi sono spiegata.

Vogliamo parlare di contaminazioni?
Eccedere nella attenzione alle contaminazioni dietetiche
La dieta senza glutine va prescritta come dieta da proseguire a vita evitando ogni eccezione volontaria. Tuttavia una prescrizione ossessiva in questo senso può essere oltre che inutile anche controproducente penalizzando senza vantaggi la vita personale e sociale del paziente col rischio di favorire, specie nell’adolescente, una reazione di frustrazione e un peggioramento paradosso della aderenza alla dieta.”
Questo si legge nel nuovo protocollo di diagnosi e follow up della celiachia sul sito del Ministero della Salute.

Non siamo costretti a convivere con l'idea di una degenerazione progressiva, non siamo costretti ad arrenderci ad un progredire incontrollabile della malattia, perché possiamo benissimo tenere sotto controllo quello che mangiamo, e quindi anche le reazioni avverse che alcuni cibi possono provocare al nostro organismo e non dobbiamo assumere farmaci, spesso causa di pesanti effetti collaterali. Mi sembra che possiamo benissimo condurre una vita normale, senza sentirci malati e oltretutto potremmo anche mangiare solo alimenti naturalmente privi di glutine. Il cibo non è un farmaco, il cibo non è medicina, il cibo è vita, Expo2015 docet.

Nell’articolo il titolo del mio libro viene addirittura definito una frasetta da due soldi, una pillola di saggezza e un atteggiamento frescone (evito commenti sterili sui buoni costumi, la buona educazione e quant’altro per non perdere di vista l’obiettivo, rispondere cioè nel modo più completo possibile ad una critica che mi è stata mossa).
Ci tengo però a precisare con fermezza che il vivere la celiachia con serenità, che è quello a cui auspico e che auguro ad ogni celiaco che non si debba sentire malato e che tanto meno la facciano sentire gli altri, non significa vivere la celiachia con superficialità, questo è un punto molto importante. Consapevolezza e attenzione sempre.

“Io sono la prima a cenare e consigliare ristoranti non certificati aic, cercando in primo luogo di dialogare ed interrogare il ristoratore. È una questione di fiducia, di esperimenti: mi è sempre andata bene”
prosegue l’articolo, salvo poi leggere poche righe a distanza
“tempo fa ero ad un aperitivo per una festa di laurea, come al mio solito digiunavo, quando un’amica della festeggiata anch’essa celiaca mi guarda (abbastanza perplessa) e mi dice: “Ma dai, mangia le olive!! Le olive non hanno il glutine”. Io ogni tanto, raramente, so comportarmi civilmente ed ignorare certe provocazioni, magari liquidarle con un sorriso, visto che siamo ad una festa e non era il caso di fare propaganda, ma avrei voluto dire alla cara ragazza: “MA COME MANGIA LE OLIVE?? LE HAI PRESE DA UNO STRAMALEDETTO BUFFET DA CUI TUTTI FANNO CADERE BRICIOLE IN OGNI DOVE, MA OLTRETTUTO, CHE SAI DI QUESTE OLIVE? SONO NATURALMENTE SENZA GLUTINE DICI? AH SI EH? E L’EVENTUALE PRESENZA DI GLUCONATO FERROSO NON LE RENDE A RISCHIO SECONDO TE??? RUMP MEN EL BAL E VAI A FARE SORRISINI DI COMPASSIONE DA N’ALTRA PARTE”. Tanto per dire eh.”
Non vi sembra un contro senso?

Leggo ancora:
“voglio che il ristoratore sia informato che ho una malattia, mi curo attraverso il cibo, che come tale deve essere preparato con la stessa attenzione con la quale si prepara una medicina.”
Io invece non voglio che il ristoratore sia terrorizzato, che i locali che offrono cucina senza glutine debbano avere paura di noi, che debbano avere sul volto una smorfia e non un sorriso quando ci accolgono. Ma anche io voglio attenzione, non quella con cui si prepara una medicina ma quella che usa una mamma quando prepara da mangiare ai propri figli.

L'articolo in questione si apre così:
“Non so a chi appartenga la proprietà intellettuale di questo slogan, penso di averlo letto per la prima volta sulla pagina facebook di AIC in merito all’educazione alimentare per i bambini affetti da celiachia, ma potrei sbagliarmi. Molti celiaci hanno fatto proprio questo motto e, a mio avviso, il culmine di tutto è stato raggiunto con la creazione di una linea di gioielli per celiaci (tralascio le mie considerazioni a riguardo) nella quale è presente un bracciale con una medaglietta riportante questa pillola di saggezza.”
Forse sarebbe bastato googlare per cercare l’appartenenza di questa frase, per scoprire che non ha nulla a che vedere con quanto indicato ma che appunto appartiene al titolo di un libro, il mio.
Per fortuna che nell’articolo in questione si parla addirittura di disinformazione…

Per quel che concerne la prima linea di gioielli glutenfree aggiungo che sono sempre opera mia, J e  invito chiunque abbia piacere ad avere maggiori informazioni di mettere il like alla pagina facebook gfpride per vedere tutti i modelli della linea, presentati solo un mese fa in occasione del #gfpride, il primo evento estivo tutto #glutenfree #onthebeach, sempre opera mia.

Insomma, a me la celiachia ha offerto un sacco di possibilità dal momento in cui sono riuscita a trasformare un punto di debolezza in punto di forza, da quando vedo il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto, da quando sono celiaca e sono serena, cioè da sempre.

“Proteggete i vostri villi dagli imbecilli! scrive ancora l’autrice dell’articolo, io direi di proteggere la nostra serenità dagli imbecilli, anzi direi di vivere la celiachia con sostanza e senza ignoranza, se vogliamo giocare con le rime.

A proposito di ignoranza (nel senso letterale del termine) aggiungo che evidentemente il libro non è stato letto prima di scrivere questo articolo né si sono cercate informazioni a riguardo. Invito l’autrice a farlo, per poter disquisire quello di cui si parla con consapevolezza, anzi, sono a disposizione per inviargliene personalmente una copia e invito l'autrice dell'articolo alla prossima edizione del #gfpride, perché possa rendersi conto di cosa vuol dire essere celiaci ed essere sereni.



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